sexta-feira, 14 de fevereiro de 2014

Volto femminile nella vita consacrata

nov 10th, 2012 | By  | Category: Primo Piano
Religiose e consacrate rappresentano circa il 15% degli studenti della Gregoriana. Abbiamo chiesto a tre voci di tre diverse unità accademiche di raccontarci le loro scelte e la loro esperienza
Se prima del Concilio appariva inconcepibile incrociare una studentessa dentro le Università Pontificie, 50 anni dopo possiamo felicemente notare che le cose sono cambiate. E a fondo.
La componente femminile della Gregoriana raggiunge infatti il 15% (circa 400 unità), la maggior parte delle quali religiose e consacrate. Un segno tangibile della crescente consapevolezza della necessità di una formazione intellettuale ampia e solida per la vita consacrata. Abbiamo chiesto a tre voci, provenienti da differenti unità accademiche, di raccontarci la loro esperienza.
Studiare Teologia per custodire il senso del Mistero «Studiavo medicina. E amavo molto quanto studiavo! Portavo nel cuore il desiderio di partire con “Medici senza frontiere” nei Paesi in via di sviluppo… tuttavia una chiamata più forte mi ha portata per altri sentieri!». A parlare è Suor Manuela Vargiu, della Congregazione delle Missionarie Figlie di Gesù Crocifisso: lasciati gli studi di medicina e conseguito il baccalaureato alla Lateranense, Suor Manuela ha sceltola Gregoriana per la Licenza e il Dottorato in Teologia Dogmatica.
Uno studio impegnativo, nel quale innestare tutta la ricchezza  della propria esperienza: «All’amore per la teologia unisco la passione per la musica, e se da una parte il rigore della ricerca scientifica m’insegna a dare ragione della mia fede, dall’altra l’estro musicale si fa per me spazio concreto per raccontare questa fede a tanti giovani».
Alla domanda sulla possibilità di un volto “femminile” della teologia, Suor Manuela risponde con l’impeto di chi ha già riflettuto a lungo su questo tema. «Come donna, e come donna consacrata, vorrei contribuire a delineare i tratti femminili del volto della teologia! Un volto che può e deve manifestare la bellezza e la ricchezza di un Dio che ci ha creati a sua immagine, “maschio e femmina”. Mi piace pensare alla donna come a colei che, sull’esempio di Maria alle nozze di Cana, scorge ciò che “manca” facendosi subito mediatrice di una nuova pienezza.
Come a colei che abitata dal Mistero di Dio, sa farsi canale del Mistero stesso così da riempire le giare vuote dell’umana esistenza. La donna, anche quando l’argomentare teologico si inerpica nei sentieri profondi di Dio, sa farsi custode del senso del “mistero” arginando il rischio di cosificare Dio stesso. Nello stesso tempo, lei che in Maria si vede continuamente chiamata a “farsi grembo di Dio” può portare avanti una teologia capace di “incarnarsi” nelle pieghe della storia, capace di farsi risposta alla domanda di senso insita nel cuore dell’uomo».
 PAOLO PEGORAR

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