Altro che bocce e giardinetti: sono ormai molti gli ultra sessantenni che, usciti dal mondo del lavoro, trovano nuovi motivi di vita nel volontariato e sono disposti a praticarlo persino all’estero. Ne è esempio Lorenzo De Pasqual (nella foto con una volontaria), bellunese di 61anni, pensionato dal 2002, che ha provato una forte attrazione per il Brasile, ma non quello del carnevale o delle spiagge sempre al sole: «Credo poco alle cose che sento raccontare - spiega - e volevo vedere coi miei occhi la realtà delle favelas. Così nel 2003 ho incontrato un mio concittadino, Padre Remigio De Vettor, missionario in Brasile da più di 40 anni e gli ho chiesto ospitalità». Per Lorenzo
l’esperienza richiese coraggio: non sapeva una parola di portoghesee, non aveva mai fatto voli così lunghi; unica consolazione il sostegno dei due figli. «Non sto a raccontare le emozioni che ho provato, le ansie, i dubbi. Basti pensare che dopo essere sceso all’aeroporto di Recife ho fatto quasi 10 ore di pulman per arrivare a Salgueiro, città di 50 mila abitanti situata nel Sertào di Pernambuco, nel nord-est del Brasile, la zona più povera del Paese per la scarsa piovosità».
Giunto in missione, Lorenzo mise a disposizione le sue conoscenze collaborando con padre Remigio nell’insegnamento ai giovani di alcune materie tecniche. Ma l’esperimento non funzionò perché di ragazzi disposti a imparare non se ne presentarono e De Pasqual sfruttò il tempo per capire la società locale. Poi un giorno la svolta: «Stavo passeggiando in un bairo periferico, che anticamente era chiamato favela, il bairo Divino Espirito Santo, quando, guardando verso la fine di una salita, in mezzo alle case, ho visto tre bambine che giocavano con l’acqua delle fognature che correva in mezzo alla strada. Non era una novità: solo che questa volta una delle bambine, pescato qualcosa nell’acqua putrida, dopo una rapida occhiata lo porta alla bocca e lo mangia. A distanza di anni questa immagine è ancora impressa nella mia mente. Ritornato in parrocchia parlo con Remigio, lui ride e mi dice: perché non le fai tu le fognature?». Lorenzo torna in Italia, ne parla ai figli che lo incoraggiano, ma i primi tentativi sono scoraggianti. Invece trova subito una sponda nel suo parroco e poi nell’associazione di volontariato bellunese “
Insieme si può”, che entra in questa avventura con tutto il suo potenziale di esperienze. Lorenzo aggiunge che «era un azzardo perché per la prima volta qualcuno voleva costruire fognature in una favela brasiliana. Era l’estate del 2004. Pensavo di ritornare inBrasile e fare, insieme alla prefettura locale, il progetto esecutivo delle fognature; poi, con il disegno, ritornare in Italia e far comprare tratti di tubazione alle persone che volevano partecipare al “Projeto Esperaça” (così chiamai questa pazzia), per ottenere i finanziamenti»
Alla fine il progetto parte, con il sostegno determinante del Centro missionario diocesano bellunese e della Chiesa brasiliana: era l’inizio del 2005. Lorenzo ora ricorda soddisfatto: «Siamo partiti addestrando 11 padri di famiglia a realizzare le opere murarie e gli scavi: ne è nata una scuola che ancora funziona e insegna pure educazione civica, igiene, economia domestica. All’inizio del 2007
il progetto delle fognature del bairo Divino Espirito Santo è concluso: abbiamo steso più di 7 mila metri di tubi e allacciato alla nuova rete fognaria 513 case. Abbiamo costruito 15 case in mattoni con relativi servizi igienici». Per fortuna, quando il progetto stava per essere chiuso, intervenne la Conferenza episcopale italiana tramite "Insieme si può". Con questo finanziamento si decise di creare un piccolo villaggio con 40 case e una cappella battezzato "Conjunto CEI", che nel marzo 2008 venne inaugurato».
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